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Un grido di allarme sull'emergenza randagismo in questo articolo della giornalista Sondra Coggio.
Era l'estate del 2017 e sembrano passati decenni, perchè adesso a soli tre anni di distanza questo fenomeno sembra fortunatamente scomparso.
 
Di seguito alcune nostre considerazioni in un post dell'epoca:
 
 
EMERGENZA RANDAGISMO A LA SPEZIA!!Nel torrido mese di luglio in soli 15 giorni hanno trovato adozione 4 cani storici del canile di San Venerio, Pongo,Pippo, Linda e Sara. Quattro cani che si sono fatti, fra tutti, 38 anni di canile.Abbiamo avuto un pò di fortuna e trovato il buon cuore di Massimo , Vanna, Agata e Cinzia,e noi siamo al settimo cielo per questo!.Ma a volte ci sembra di svuotare il mare con un bicchiere, perchè nonostante tutto l'impegno profuso e le energie che ci mettiamo, nonostante le tante adozioni che facciamo, il canile è sempre pieno.Ritrovamenti di cani senza microchip,ritrovamenti di cagnoline gravide, rinunce di proprietà, sono all'ordine del giorno.La felicità nel dare finalmente una casa a chi è stato imprigionato per anni senza aver colpe viene subito affievolita dagli occhi strazianti di quelle povere anime.Appena arrivano in canile sono confusi, impauriti,talvolta aggressivi e il percorso ricomincia.....sempre troppe anime recluse, dentro un box, tra ferro e cemento, al caldo rovente dell'estate e al freddo gelido dell'inverno,lì ad aspettare, ad elemosinare un attimo di attenzione.Eppure pareva che nel nostro territorio il randagismo fosse scomparso, pareva che con la campagna di sterilizzaizione attuata dagli enti pubblici il problema andasse pian piano scemando, rimanendo radicato ancora in qualche anfratto dell'entroterra ligure.Ci pare però si stia presentando un ritorno dei cani randagi, anche nelle aree cittadine.Questa cosa ci inquieta molto e fa riflettere.Dobbiamo capire il motivo e stroncarlo, prima che sia troppo tardi.I randagi non devono più nascere.Solo così svuoteremo i canili!Solo così nessun cane dovrà più soffrire la reclusione.Sempre e solo:sterilizzazione, l'unica via!

Un grido di allarme sull'emergenza randagismo in questo articolo della giornalista Sondra Coggio.

Era l'estate del 2017 e sembrano passati decenni, perchè adesso a soli tre anni di distanza questo fenomeno sembra fortunatamente scomparso.

 

Di seguito alcune nostre considerazioni in un post dell'epoca:

 

 

EMERGENZA RANDAGISMO A LA SPEZIA!!

Nel torrido mese di luglio in soli 15 giorni hanno trovato adozione 4 cani storici del canile di San Venerio, Pongo,Pippo, Linda e Sara. Quattro cani che si sono fatti, fra tutti, 38 anni di canile.
Abbiamo avuto un pò di fortuna e trovato il buon cuore di Massimo , Vanna, Agata e Cinzia,e noi siamo al settimo cielo per questo!.
Ma a volte ci sembra di svuotare il mare con un bicchiere, perchè nonostante tutto l'impegno profuso e le energie che ci mettiamo, nonostante le tante adozioni che facciamo, il canile è sempre pieno.
Ritrovamenti di cani senza microchip,ritrovamenti di cagnoline gravide, rinunce di proprietà, sono all'ordine del giorno.
La felicità nel dare finalmente una casa a chi è stato imprigionato per anni senza aver colpe viene subito affievolita dagli occhi strazianti di quelle povere anime.
Appena arrivano in canile sono confusi, impauriti,talvolta aggressivi e il percorso ricomincia.....sempre troppe anime recluse, dentro un box, tra ferro e cemento, al caldo rovente dell'estate e al freddo gelido dell'inverno,lì ad aspettare, ad elemosinare un attimo di attenzione.
Eppure pareva che nel nostro territorio il randagismo fosse scomparso, pareva che con la campagna di sterilizzaizione attuata dagli enti pubblici il problema andasse pian piano scemando, rimanendo radicato ancora in qualche anfratto dell'entroterra ligure.
Ci pare però si stia presentando un ritorno dei cani randagi, anche nelle aree cittadine.
Questa cosa ci inquieta molto e fa riflettere.
Dobbiamo capire il motivo e stroncarlo, prima che sia troppo tardi.
I randagi non devono più nascere.
Solo così svuoteremo i canili!
Solo così nessun cane dovrà più soffrire la reclusione.
Sempre e solo:
sterilizzazione, l'unica via!


L'amicizia tra il muscolaio Angelo e il gabbiano Artura in questo bel articolo della giornalista Sondra Coggio.
 
Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:
 
Una sorpresa così, non se la sarebbe aspettata nessuno: ma ormai, è fatta. Non era un maschio, il famoso gabbiano Arturo, amico fedele del pioniere della mitilicoltura spezzina. Il bellissimo volatile, che ogni mattina, all’alba, accompagna Angelo Majoli nei vivai, a controllare le reste, a fare pulizia, e raccogliere il prodotto fresco, è una femmina. E in questi giorni ha portato con sé il piccolo, un pullo ancora goffo, dalle tinte scure, che segue la mamma pigolando come un neonato. Majoli è rimasto stupefatto, ed ha subito modificato il nome dell’amico piumato: «Credo mi tocchi ribattezzarla Artura – confida – anche se al femminile questo nome suona francamente strano. In quanto al piccolo, ho dovuto aggiungere un coperto. Comunque è andata bene, nella nassa c’era pesce in abbondanza, si sono potuti servire tutti e due…». La storia dell’amicizia fra Angelo ed Arturo, che si è rivelato ora nella sua identità femminile, risale a molto tempo fa, ed è particolarmente simpatica. E’ stata lei, a scegliere Angelo: si è accomodata sulla sua barchetta, inconfondibile, grigia e gialla. Lui l’ha lasciata fare. E – mattina dopo mattina – è stato come avere un appuntamento fisso: tanto che quando Majoli è rimasto costretto a letto, a lungo, a causa di un incidente, la gabbianella l’ha cercato e ricercato, incredula. «Gli amici mi davano sue notizie, mi rassicuravano: mi dicevano che stava bene…». E quando Majoli è tornato al lavoro, lei è planata immediatamente al posto di prima: con quel suo volo incantevole, e la grazia delle sue planate. Oltre, naturalmente, alla voracità. «La colazione con i muscoli le piace tantissimo…», ride il muscolaio spezzino: ben consapevole di offrire all’amico alato una ghiottoneria prelibata, eccezionale. Il numero uno, s’è scelta: un ragazzo nato nel 1940, che conosce tutto, dei vivai, di ieri e di oggi: perché le lavorazioni le ha viste cambiare. E quel che non ha visto con i suoi occhi, l’ha conosciuto attraverso le parole dei più grandi, i familiari, e gli altri anziani del quartiere. Ricorda ancora i blocchi di ghiaccio, che servivano per conservare i muscoli appena raccolti, per farli arrivare sani a destinazione. Ricorda il trenino, che li portava via, e poi i camion. Ricorda pali di legno e legacci di erbe palustri, prima dell’avvento dei materiali moderni. E sa che “per far crescere muscoli buoni, ci vogliono acque di mare con la giusta salinità, e un buon apporto di acqua dolce”. Serve un mare protetto, ma non chiuso. E vanno conosciute le stagioni. Lo riconoscono anche i gabbiani, un muscolo speciale, come quello spezzino. E ora, visto che Artura ha messo su famiglia, e gli ha presentato ufficialmente il figlio, Majoli ha aggiunto un posto a tavola, sulla sua barca: allungando la nassa, con i pesci rimasti dentro, alla coppia. In questi giorni fa caldissimo, ma non per questo la gabbianella rinuncia alle sue uscite golose, in barca: «Nonostante la calura – se la ride Majoli – Artura non perde l’appetito». A differenza di tanti gabbiani che sono costretti a cercare nei rifiuti, la bella signora dal musetto candido ha la fortuna di avere le amicizie giuste: «Staziona in diga foranea, e non va per rumenta – sottolinea il suo amico muscolaio – ha di meglio, dei rifiuti…».

L'amicizia tra il muscolaio Angelo e il gabbiano Artura in questo bel articolo della giornalista Sondra Coggio.

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Una sorpresa così, non se la sarebbe aspettata nessuno: ma ormai, è fatta. Non era un maschio, il famoso gabbiano Arturo, amico fedele del pioniere della mitilicoltura spezzina. Il bellissimo volatile, che ogni mattina, all’alba, accompagna Angelo Majoli nei vivai, a controllare le reste, a fare pulizia, e raccogliere il prodotto fresco, è una femmina. E in questi giorni ha portato con sé il piccolo, un pullo ancora goffo, dalle tinte scure, che segue la mamma pigolando come un neonato. Majoli è rimasto stupefatto, ed ha subito modificato il nome dell’amico piumato: «Credo mi tocchi ribattezzarla Artura – confida – anche se al femminile questo nome suona francamente strano. In quanto al piccolo, ho dovuto aggiungere un coperto. Comunque è andata bene, nella nassa c’era pesce in abbondanza, si sono potuti servire tutti e due…». La storia dell’amicizia fra Angelo ed Arturo, che si è rivelato ora nella sua identità femminile, risale a molto tempo fa, ed è particolarmente simpatica. E’ stata lei, a scegliere Angelo: si è accomodata sulla sua barchetta, inconfondibile, grigia e gialla. Lui l’ha lasciata fare. E – mattina dopo mattina – è stato come avere un appuntamento fisso: tanto che quando Majoli è rimasto costretto a letto, a lungo, a causa di un incidente, la gabbianella l’ha cercato e ricercato, incredula. «Gli amici mi davano sue notizie, mi rassicuravano: mi dicevano che stava bene…». E quando Majoli è tornato al lavoro, lei è planata immediatamente al posto di prima: con quel suo volo incantevole, e la grazia delle sue planate. Oltre, naturalmente, alla voracità. «La colazione con i muscoli le piace tantissimo…», ride il muscolaio spezzino: ben consapevole di offrire all’amico alato una ghiottoneria prelibata, eccezionale. Il numero uno, s’è scelta: un ragazzo nato nel 1940, che conosce tutto, dei vivai, di ieri e di oggi: perché le lavorazioni le ha viste cambiare. E quel che non ha visto con i suoi occhi, l’ha conosciuto attraverso le parole dei più grandi, i familiari, e gli altri anziani del quartiere. Ricorda ancora i blocchi di ghiaccio, che servivano per conservare i muscoli appena raccolti, per farli arrivare sani a destinazione. Ricorda il trenino, che li portava via, e poi i camion. Ricorda pali di legno e legacci di erbe palustri, prima dell’avvento dei materiali moderni. E sa che “per far crescere muscoli buoni, ci vogliono acque di mare con la giusta salinità, e un buon apporto di acqua dolce”. Serve un mare protetto, ma non chiuso. E vanno conosciute le stagioni. Lo riconoscono anche i gabbiani, un muscolo speciale, come quello spezzino. E ora, visto che Artura ha messo su famiglia, e gli ha presentato ufficialmente il figlio, Majoli ha aggiunto un posto a tavola, sulla sua barca: allungando la nassa, con i pesci rimasti dentro, alla coppia. In questi giorni fa caldissimo, ma non per questo la gabbianella rinuncia alle sue uscite golose, in barca: «Nonostante la calura – se la ride Majoli – Artura non perde l’appetito». A differenza di tanti gabbiani che sono costretti a cercare nei rifiuti, la bella signora dal musetto candido ha la fortuna di avere le amicizie giuste: «Staziona in diga foranea, e non va per rumenta – sottolinea il suo amico muscolaio – ha di meglio, dei rifiuti…».


LINDA E SARA, DUE SORELLE......ED UN UNICO DESTINO!!
L'incredibile storia di Linda e Sara sul Secolo XIX di oggi.Linda e Sara, due sorelle entrate in canile 12 anni fa, ed adottate in questo caldo Luglio a 15 giorni di distanza una dall'altra!!Perchè alla fine..... l'amore vince sempre!!Adottare cani anziani rende persone migliori!!
 
Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:
 
Avevano solo due anni, Linda e Sara, quando sono entrate in canile. Due anni, per due cucciolone dal pelo biondo, gettate via. Più esuberante l’una, timidissima l’altra, ma tutte e due diffidenti, spaventate: tanto che per dodici lunghissimi anni sono rimaste lì. In gabbia. Sempre a nascondersi, quando passavano gli “umani”, davanti a quelle sbarre. Il primo miracolo è arrivato una decina di giorni fa, quando Sara è stata adottata, a quattordici anni d’età. Ed ora, l’amore ha fatto il resto. E anche Linda è riuscita a lasciarsi alle spalle quel cancello, e conquistare una vera casa. Se ci si crede davvero, il lieto fine può arrivare. Ed i volontari del canile comunale della città si sono impegnati anima e corpo, in questi mesi: soprattutto per quelli che Pierandrea Fosella chiama “i cani invisibili”. Non cuccioli, non di razza, non bellissimi: eppure dolci, e affettuosi, e capaci di dare tanto amore. Linda, nella sua lunghissima detenzione, è stata separata da Sara. L’avevano messa con gli amici di sempre: Fred, e Lila, e Vaks. Ad aspettare. Sara no. Sara era rimasta nel piazzale, a fare compagnia ad un cane vecchio, sempre più vecchio, Priolo. Lui era diventato cieco, e lei per una vita è stata la sua guida, il suo sguardo sul mondo. Tanti cani sono usciti, in questi lunghissimi dodici anni. Loro no. L’associazione “L’Impronta”, retta da Elisabetta Spinozzi, le ha conosciute così: già anziane. Chi in canile ci sale da sempre, come volontaria, come Manuela Romeo, se le ricorda ancora, quando erano più giovani, due “ragazzine” che scappavano nell’ombra delle gabbie, quando capitavano i visitatori. La vita è passata loro addosso, con la certezza di un buon pasto e di un tetto: ma senza quel calore che solo una casa sa dare. Ci voleva un’adozione del cuore. Ed ecco che Sara è stata accolta da Vanna: nella sua bella casa, dove già vive un affettuoso bassotto, Rino. I volontari hanno fatto la spola, le prime volte, perché l’inserimento fosse graduale. E Sara si stropicciava gli occhi, tanto colpita da non crederci nemmeno. Poi sono arrivati Agata e Pierpaolo, che già avevano adottato – riscattandoli dall’abbandono - Kiro e Selene. Linda adesso sta in giardino, gioca con la sua pallina, e quando crolla, stanca, può accoccolarsi sul divano, o sul tappeto. E tutto, improvvisamente, è diventato fantastico.

LINDA E SARA, DUE SORELLE......ED UN UNICO DESTINO!!

L'incredibile storia di Linda e Sara sul Secolo XIX di oggi.
Linda e Sara, due sorelle entrate in canile 12 anni fa, ed adottate in questo caldo Luglio a 15 giorni di distanza una dall'altra!!
Perchè alla fine..... l'amore vince sempre!!
Adottare cani anziani rende persone migliori!!

 

Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:

 

Avevano solo due anni, Linda e Sara, quando sono entrate in canile. Due anni, per due cucciolone dal pelo biondo, gettate via. Più esuberante l’una, timidissima l’altra, ma tutte e due diffidenti, spaventate: tanto che per dodici lunghissimi anni sono rimaste lì. In gabbia. Sempre a nascondersi, quando passavano gli “umani”, davanti a quelle sbarre. Il primo miracolo è arrivato una decina di giorni fa, quando Sara è stata adottata, a quattordici anni d’età. Ed ora, l’amore ha fatto il resto. E anche Linda è riuscita a lasciarsi alle spalle quel cancello, e conquistare una vera casa. Se ci si crede davvero, il lieto fine può arrivare. Ed i volontari del canile comunale della città si sono impegnati anima e corpo, in questi mesi: soprattutto per quelli che Pierandrea Fosella chiama “i cani invisibili”. Non cuccioli, non di razza, non bellissimi: eppure dolci, e affettuosi, e capaci di dare tanto amore. Linda, nella sua lunghissima detenzione, è stata separata da Sara. L’avevano messa con gli amici di sempre: Fred, e Lila, e Vaks. Ad aspettare. Sara no. Sara era rimasta nel piazzale, a fare compagnia ad un cane vecchio, sempre più vecchio, Priolo. Lui era diventato cieco, e lei per una vita è stata la sua guida, il suo sguardo sul mondo. Tanti cani sono usciti, in questi lunghissimi dodici anni. Loro no. L’associazione “L’Impronta”, retta da Elisabetta Spinozzi, le ha conosciute così: già anziane. Chi in canile ci sale da sempre, come volontaria, come Manuela Romeo, se le ricorda ancora, quando erano più giovani, due “ragazzine” che scappavano nell’ombra delle gabbie, quando capitavano i visitatori. La vita è passata loro addosso, con la certezza di un buon pasto e di un tetto: ma senza quel calore che solo una casa sa dare. Ci voleva un’adozione del cuore. Ed ecco che Sara è stata accolta da Vanna: nella sua bella casa, dove già vive un affettuoso bassotto, Rino. I volontari hanno fatto la spola, le prime volte, perché l’inserimento fosse graduale. E Sara si stropicciava gli occhi, tanto colpita da non crederci nemmeno. Poi sono arrivati Agata e Pierpaolo, che già avevano adottato – riscattandoli dall’abbandono - Kiro e Selene. Linda adesso sta in giardino, gioca con la sua pallina, e quando crolla, stanca, può accoccolarsi sul divano, o sul tappeto. E tutto, improvvisamente, è diventato fantastico.


La triste storia di Gioia sul Secolo XIX .Il più bel lieto fine può dipendere da voi.Gioia è in adozione al canile municipale di San Venerio.
Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:
La sentiva arrivare, la sua perpetua. Lì, alla canonica del Favaro. Riconosceva i suoi passi, quando ritornava a casa, ad occuparsi del parroco, anziano, dopo le funzioni. Lei, la gatta, aspettava il suo turno. E poi spuntava fuori , dolce, con quegli occhi verdi, ed il suo manto tigrato. Felice dei bocconcini prelibati, delle carezze affettuose sulla testolina. Quando la sua “umana” è mancata, improvvisamente, il quartiere s'è stretto nel lutto: e Gioia s’è nascosta nel più profondo del giardino. E non è uscita più. I vigili del fuoco hanno portato via tutti gli altri animali che la perpetua teneva con sé. Tanti. Non Gioia: che si sentiva miagolare, sommessamente, ma non voleva farsi trovare. L’hanno presa, alla fine. Catturata, per salvarla dalla morte. Magrissima, stanca. Gli occhi tristi. E sù al canile di San Venerio, al suo arrivo, s’è chiusa nel silenzio. Perché cercava la sua canonica. E soprattutto, la sua perpetua. C’è voluta infinita pazienza, per far capire a Gioia che no, la sua amatissima umana non tornerà. E finalmente, stremata, Gioia s’è lasciata nutrire. E ora accetta, pian pianino, qualche carezza. Cerca adozione, la gattina della perpetua. Cerca qualcuno che possa darle il tempo di superare quell’angoscia spaventosa, che le si è spalancata nel cuore. Dicono che i gatti siano creature misteriose, libere, che non si affezionano agli esseri umani, come i cani. Gioia amava moltissimo la perpetua del Favaro, e ancora l’aspetta. Si sente ferita, tradita, sente ancora la mancanza di quella sua casa, la canonica, in cui era felice. «Quando è arrivata, era tutta ossa – raccontano i volontari – e si vedeva, che era dimagrita improvvisamente: aveva la pelle che le cadeva, sui fianchi. Doveva essere stata in carne, prima. Il dolore le ha chiuso lo stomaco, le ha impedito di mangiare». In canile, per due settimane, Gioia è stata un fantasma. C’era, ma non si riusciva a vederla. Si mimetizzava, faceva vita a sé. E così sarà, probabilmente, nei primi tempi: se si troverà una famiglia disposta ad adottarla. Non è un cucciolo, non è un gatto anziano: avrà qualche anno. Davanti a sé, ha molta vita. E riuscirà senz’altro a dimostrare di poter ancora amare, nonostante quello strappo che le ha lacerato il cuore. In canile, i volontari la chiamano affettuosamente “gatta perpetua”: «Miagola come cantasse in chiesa – sorridono – con una vocettina tutta sua. In principio era arrabbiata con il mondo intero. Era terrorizzata. Ora ha riconquistato la sua serenità. Spera in una casa, in un “umano” che possa farla sentire di nuovo al sicuro, come quando era in canonica». Il canile è sempre aperto. Nei giorni del martedì, del giovedì, del sabato e la domenica, dalle 16 alle 19, ci sono anche i volontari. Il sabato, anche la mattina dalle 10 alle 12. Per l’associazione L’Impronta, le referenti dei gatti sono Chiara 347 7172458 e Paola 338 3871826

La triste storia di Gioia sul Secolo XIX .
Il più bel lieto fine può dipendere da voi.
Gioia è in adozione al canile municipale di San Venerio.



Per agevolarne la lettura riportiamo qui sotto integralmente il contenuto dell'articolo:



La sentiva arrivare, la sua perpetua. Lì, alla canonica del Favaro. Riconosceva i suoi passi, quando ritornava a casa, ad occuparsi del parroco, anziano, dopo le funzioni. Lei, la gatta, aspettava il suo turno. E poi spuntava fuori , dolce, con quegli occhi verdi, ed il suo manto tigrato. Felice dei bocconcini prelibati, delle carezze affettuose sulla testolina. Quando la sua “umana” è mancata, improvvisamente, il quartiere s'è stretto nel lutto: e Gioia s’è nascosta nel più profondo del giardino. E non è uscita più. I vigili del fuoco hanno portato via tutti gli altri animali che la perpetua teneva con sé. Tanti. Non Gioia: che si sentiva miagolare, sommessamente, ma non voleva farsi trovare. L’hanno presa, alla fine. Catturata, per salvarla dalla morte. Magrissima, stanca. Gli occhi tristi. E sù al canile di San Venerio, al suo arrivo, s’è chiusa nel silenzio. Perché cercava la sua canonica. E soprattutto, la sua perpetua. C’è voluta infinita pazienza, per far capire a Gioia che no, la sua amatissima umana non tornerà. E finalmente, stremata, Gioia s’è lasciata nutrire. E ora accetta, pian pianino, qualche carezza. Cerca adozione, la gattina della perpetua. Cerca qualcuno che possa darle il tempo di superare quell’angoscia spaventosa, che le si è spalancata nel cuore. Dicono che i gatti siano creature misteriose, libere, che non si affezionano agli esseri umani, come i cani. Gioia amava moltissimo la perpetua del Favaro, e ancora l’aspetta. Si sente ferita, tradita, sente ancora la mancanza di quella sua casa, la canonica, in cui era felice. «Quando è arrivata, era tutta ossa – raccontano i volontari – e si vedeva, che era dimagrita improvvisamente: aveva la pelle che le cadeva, sui fianchi. Doveva essere stata in carne, prima. Il dolore le ha chiuso lo stomaco, le ha impedito di mangiare». In canile, per due settimane, Gioia è stata un fantasma. C’era, ma non si riusciva a vederla. Si mimetizzava, faceva vita a sé. E così sarà, probabilmente, nei primi tempi: se si troverà una famiglia disposta ad adottarla. Non è un cucciolo, non è un gatto anziano: avrà qualche anno. Davanti a sé, ha molta vita. E riuscirà senz’altro a dimostrare di poter ancora amare, nonostante quello strappo che le ha lacerato il cuore. In canile, i volontari la chiamano affettuosamente “gatta perpetua”: «Miagola come cantasse in chiesa – sorridono – con una vocettina tutta sua. In principio era arrabbiata con il mondo intero. Era terrorizzata. Ora ha riconquistato la sua serenità. Spera in una casa, in un “umano” che possa farla sentire di nuovo al sicuro, come quando era in canonica». Il canile è sempre aperto. Nei giorni del martedì, del giovedì, del sabato e la domenica, dalle 16 alle 19, ci sono anche i volontari. Il sabato, anche la mattina dalle 10 alle 12. Per l’associazione L’Impronta, le referenti dei gatti sono Chiara 347 7172458 e Paola 338 3871826


L'adozione della nostra Sara sul Secolo XIX.
 
Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:
 
PERCHE' L'AMORE ...ALLA FINE .....VINCE SEMPRE!!!!E ricordatevi che adottare un cane anziano rende persone migliori.
SARA ADOTTATA.....PERCHE' L'AMORE VINCE......SEMPRE!!
Sara a casa, solo poche parole per una gioia incontenibile...sei arrivata in canile che eri una cuccioletta...sono passati 12 lunghissimi anni, 12 freddi inverni, 12 calde estati sempre nel tuo box, sempre la stessa routine tutti i giorni... hai visto tanti tuoi compagni andarsene felicemente a casa e noi abbiamo sempre sperato potesse arrivare anche il tuo giorno, poi quello che era un sogno è diventato realtà quando è arrivata Vanna... tra tanti occhi sceglie proprio i tuoi, quegli occhi dolci e furbetti che hai... si, proprio tu, nonostante la tua diffidenza e timidezza... sapendo che il percorso sarebbe stato lungo ma non impossibile...Sara, fuori dal canile c'è un mondo... ci sono estati fresche ed inverni tiepidi, la serenità del silenzio e la tranquillità di una casa... quel mondo che ti è stato negato dal destino per troppo tempo... ora vai e prenditelo!!! Noi ti porteremo sempre nel cuore tra le cose più belle, goditi questa tua nuova meravigliosa vita con la tua mamma Vanna e il tuo nuovo amico Rino...Sara è una lezione di vita oltre che un esempio per chi ha paura di adottare un cane adulto... mai perdere la speranza, l'Amore vince sempre !!!! E noi vi auguriamo tutto il bene del mondo!!!!GRAZIE 
Doveroso ringraziare tutti i volontari che ti hanno dedicato del tempo, soprattutto Valentina e Chiara, tu che ne avevi veramente bisogno per riuscire a fidarti di qualcuno.
Un grazie specialissimo va a Marilena, senza di lei Sara e Vanna non si sarebbero mai incontrate!

L'adozione della nostra Sara sul Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:

 

PERCHE' L'AMORE ...ALLA FINE .....VINCE SEMPRE!!!!

E ricordatevi che adottare un cane anziano rende persone migliori.

SARA ADOTTATA.....PERCHE' L'AMORE VINCE......SEMPRE!!

Sara a casa, solo poche parole per una gioia incontenibile...
sei arrivata in canile che eri una cuccioletta...
sono passati 12 lunghissimi anni, 12 freddi inverni, 12 calde estati sempre nel tuo box, sempre la stessa routine tutti i giorni... hai visto tanti tuoi compagni andarsene felicemente a casa e noi abbiamo sempre sperato potesse arrivare anche il tuo giorno, poi quello che era un sogno è diventato realtà quando è arrivata Vanna... tra tanti occhi sceglie proprio i tuoi, quegli occhi dolci e furbetti che hai... si, proprio tu, nonostante la tua diffidenza e timidezza... sapendo che il percorso sarebbe stato lungo ma non impossibile...
Sara, fuori dal canile c'è un mondo... ci sono estati fresche ed inverni tiepidi, la serenità del silenzio e la tranquillità di una casa... quel mondo che ti è stato negato dal destino per troppo tempo... ora vai e prenditelo!!! Noi ti porteremo sempre nel cuore tra le cose più belle, goditi questa tua nuova meravigliosa vita con la tua mamma Vanna e il tuo nuovo amico Rino...
Sara è una lezione di vita oltre che un esempio per chi ha paura di adottare un cane adulto... mai perdere la speranza, l'Amore vince sempre !!!! E noi vi auguriamo tutto il bene del mondo!!!!
GRAZIE 

Doveroso ringraziare tutti i volontari che ti hanno dedicato del tempo, soprattutto Valentina e Chiara, tu che ne avevi veramente bisogno per riuscire a fidarti di qualcuno.

Un grazie specialissimo va a Marilena, senza di lei Sara e Vanna non si sarebbero mai incontrate!


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Risultano addirittura di più di quelli in fila per tre col resto di due, della famosa canzoncina del 1968, “Quarantaquattro gatti”, che vinse la decima edizione dello Zecchino d’Oro. Il Comune della Spezia, paga ogni santo mese il mantenimento di una cinquantina di gatti, con punte anche vicine ai sessanta: dichiarando in fattura che si tratta di felini ospiti del canile comunale di San Venerio. Solo che là in Via del Monte, non c’è un’ala “gattile” vera e propria: ci sono solo un paio di stanze, utilizzate per accogliere i gatti. Si tratta dei locali che dovrebbero servire al personale, per cambiarsi. E di mici, risulta essercene solo una decina: più uno o due nelle casette esterne, all'aperto. Il mistero del gatto che non c’è, va ad arricchire il capitolo delle incongruenze già all'attenzione della Procura, interessata fin qui - attraverso un esposto - al giallo della presenza di cani del Sud, non dichiarati all'anagrafe canina della Asl 5. Il caso dei gatti, risulta essere stato segnalato sia all’autorità giudiziaria che al Comune: all’amministrazione comunale precedente, e a quella attuale. Una matassa tutta da sbrogliare: visto che il costo mensile di tutti quei gatti, viaggia sopra i 3 mila euro. Non sono milioni, ma sono comunque soldi pubblici. Nel mese di marzo, il Comune ha indicato 55 gatti

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

Risultano addirittura di più di quelli in fila per tre col resto di due, della famosa canzoncina del 1968, “Quarantaquattro gatti”, che vinse la decima edizione dello Zecchino d’Oro. Il Comune della Spezia, paga ogni santo mese il mantenimento di una cinquantina di gatti, con punte anche vicine ai sessanta: dichiarando in fattura che si tratta di felini ospiti del canile comunale di San Venerio. Solo che là in Via del Monte, non c’è un’ala “gattile” vera e propria: ci sono solo un paio di stanze, utilizzate per accogliere i gatti. Si tratta dei locali che dovrebbero servire al personale, per cambiarsi. E di mici, risulta essercene solo una decina: più uno o due nelle casette esterne, all'aperto. Il mistero del gatto che non c’è, va ad arricchire il capitolo delle incongruenze già all'attenzione della Procura, interessata fin qui - attraverso un esposto - al giallo della presenza di cani del Sud, non dichiarati all'anagrafe canina della Asl 5. Il caso dei gatti, risulta essere stato segnalato sia all’autorità giudiziaria che al Comune: all’amministrazione comunale precedente, e a quella attuale. Una matassa tutta da sbrogliare: visto che il costo mensile di tutti quei gatti, viaggia sopra i 3 mila euro. Non sono milioni, ma sono comunque soldi pubblici. Nel mese di marzo, il Comune ha indicato 55 gatti "presenti in canile”, riconoscendo al gestore un totale di 3.409 euro, più Iva al 22%. A maggio ne ha dichiarati 50, per 3.099 euro, più Iva al 22%. E anche andando a verificare a ritroso, la cifra di felini “presenti in canile” risulta sempre superiore alla cinquantina. Le persone che salgono e chiedono di adottare un gatto, però, ne trovano ben pochi: tanto più che molti mici sono stati dati in adozione, negli ultimi anni. Come sia possibile che a carico del sindaco della città risultino sempre così tanti gatti, non è chiaro: tanto più che – andando a guardare le fatture degli anni passati – la marea risulta “costante”. Tanto per dire: nel 2013 e nel 2014, quando a gestire la struttura era una no profit, risultavano quasi 60 gatti, fra i 50 stabili e quelli accolti per qualche giorno, per ragioni disparate. Dove potessero stare, e dove possano essere oggi, tutti questi gatti, è difficile dirlo: visto che gli spazi attrezzati del canile pubblico sono quelli che chiunque può vedere. Né si può ipotizzare che si tratti di colonie feline sparse. In fattura si parla proprio di gatti “presenti” in canile: in quanto le colonie feline, tutelate per legge, sono una storia a parte. Da regolamento civico, articolo 37, vengono “censite dal Comune, che può avvalersi di associazioni e singoli cittadini per la loro cura”: e richiedere appositi fondi della Regione, per i programmi di sterilizzazione. In canile, finiscono solo i gatti abbandonati da chi li teneva in casa, o vittime di abusi, o di incidenti.


In questo poetico e struggente articolo di Sondra Coggio è racchiuso un pezzo di umanità. Quella crudele e cattiva di chi per un sadico gioco prova ad ammazzare un animale bellissimo e quella buona e compassionevole di chi fa di tutto per salvarlo. Il nome del cattivo non lo sappiamo, ma sappiamo i nomi dei buoni e ve li sveliamo : Il veterinario Carlo Andreoni, la volontaria Perla Lucchini e la ragazza Roby Cosno che ha salvato Byron dal suo triste destino.
Per una volta non abbiate fretta, prendetevi 5 minuti della vostra vita e leggete questa splendida storia a lieto fine che riportiamo integralmente qui sotto:
Lord George Gordon Noel Byron, che tanto amava il golfo, sarebbe senz’altro orgoglioso di lui. Perché c’è molto romanticismo , nella storia del gabbiano di Portovenere che ha sfidato la crudeltà dell’uomo, ed è riuscito a sopravvivere per mesi, dopo essere stato colpito da chi gli ha sparato, senza una ragione.L’hanno chiamato Byron, il gabbiano preso a fucilate a Portovenere . Byron, perché, quando ha perduto l’uso dell’ala, e non è riuscito a volare, si è rifugiato nella grotta che porta il nome del grande poeta romantico, vissuto fra il 1788 ed il 1824. Quella grotta è diventata il rifugio del gabbiano ferito, costretto a rinunciare al suo cielo, quando qualcuno, chissà perché, ha imbracciato il fucile, e l’ha colpito, con una sventagliata di “pallini”.Non si può confondere il gabbiano con la preda: la sagoma , le ali, il profilo, sono inconfondibili. Non è peraltro nemmeno tempo di caccia. Deve essersi trattato di un capriccio, di un crudele tiro al bersaglio. Una violenza gratuita, inutile. Precipitato giù, Byron-il gabbiano-non s’è lasciato morire. Si è procurato un po’ di cibo, chissà come, ed è sopravvissuto. E deve la sua vita, il lieto fine di questa storia, all’affettuosa premura di una giovane donna, che l’ha notato, ed ha deciso di aiutarlo. Byron il gabbiano, era sempre solo, triste in un cantuccio. Lei gli ha portato del cibo.Giorno dopo giorno. In principio, pensava fosse una creatura solitaria. Poi si è accorta della ferita. Byron è stato così raccolto, e portato dal veterinario Carlo Andreoni che l’ha operato: “Le lastre confermano che gli hanno sparato che è stato colpito-testimonia il medico –probabilmente da un fucile calibro 12, utilizzato per la caccia ai volatili. Aveva tanti pallini, in corpo, e ancora ne ha. Ne abbiamo rimossi il più possibile , ma qualcuno resterà per sempre nel suo corpo. Il problema più grave , era la frattura , all’ala. Deve essere caduto, dopo la fucilata: c’erano schegge da rimuovere, una situazione molto seria, attorno alla ferita, da ripulire e risistemare”.Byron è stato operato, e fasciato, e dovrà affrontare la riabilitazione. A dispetto di chi ha tentato di ucciderlo, riuscirà a salvarsi, e potrà tornare a librarsi nel suo cielo. Una storia d’amore, quello per la vita, capace di abbattere perfino la violenza di una fucilata. Quell’amore al quale Lord Byron attribuiva il primato di poter volare, qualcosa che neppure l’amicizia-alla quale pure teneva moltissimo-possiede: perché “l’amicizia è come l’amore, ma non ha le sue ali”. Le ali che Byron il gabbiano potrà finalmente riavere, per riconquistare la sua libertà.

In questo poetico e struggente articolo di Sondra Coggio è racchiuso un pezzo di umanità. Quella crudele e cattiva di chi per un sadico gioco prova ad ammazzare un animale bellissimo e quella buona e compassionevole di chi fa di tutto per salvarlo. Il nome del cattivo non lo sappiamo, ma sappiamo i nomi dei buoni e ve li sveliamo : Il veterinario Carlo Andreoni, la volontaria Perla Lucchini e la ragazza Roby Cosno che ha salvato Byron dal suo triste destino.


Per una volta non abbiate fretta, prendetevi 5 minuti della vostra vita e leggete questa splendida storia a lieto fine che riportiamo integralmente qui sotto:



Lord George Gordon Noel Byron, che tanto amava il golfo, sarebbe senz’altro orgoglioso di lui. Perché c’è molto romanticismo , nella storia del gabbiano di Portovenere che ha sfidato la crudeltà dell’uomo, ed è riuscito a sopravvivere per mesi, dopo essere stato colpito da chi gli ha sparato, senza una ragione.
L’hanno chiamato Byron, il gabbiano preso a fucilate a Portovenere . Byron, perché, quando ha perduto l’uso dell’ala, e non è riuscito a volare, si è rifugiato nella grotta che porta il nome del grande poeta romantico, vissuto fra il 1788 ed il 1824. Quella grotta è diventata il rifugio del gabbiano ferito, costretto a rinunciare al suo cielo, quando qualcuno, chissà perché, ha imbracciato il fucile, e l’ha colpito, con una sventagliata di “pallini”.
Non si può confondere il gabbiano con la preda: la sagoma , le ali, il profilo, sono inconfondibili. Non è peraltro nemmeno tempo di caccia. Deve essersi trattato di un capriccio, di un crudele tiro al bersaglio. Una violenza gratuita, inutile. Precipitato giù, Byron-il gabbiano-non s’è lasciato morire. Si è procurato un po’ di cibo, chissà come, ed è sopravvissuto. E deve la sua vita, il lieto fine di questa storia, all’affettuosa premura di una giovane donna, che l’ha notato, ed ha deciso di aiutarlo. Byron il gabbiano, era sempre solo, triste in un cantuccio. Lei gli ha portato del cibo.
Giorno dopo giorno. In principio, pensava fosse una creatura solitaria. Poi si è accorta della ferita. Byron è stato così raccolto, e portato dal veterinario Carlo Andreoni che l’ha operato: “Le lastre confermano che gli hanno sparato che è stato colpito-testimonia il medico –probabilmente da un fucile calibro 12, utilizzato per la caccia ai volatili. Aveva tanti pallini, in corpo, e ancora ne ha. Ne abbiamo rimossi il più possibile , ma qualcuno resterà per sempre nel suo corpo. Il problema più grave , era la frattura , all’ala. Deve essere caduto, dopo la fucilata: c’erano schegge da rimuovere, una situazione molto seria, attorno alla ferita, da ripulire e risistemare”.
Byron è stato operato, e fasciato, e dovrà affrontare la riabilitazione. A dispetto di chi ha tentato di ucciderlo, riuscirà a salvarsi, e potrà tornare a librarsi nel suo cielo. Una storia d’amore, quello per la vita, capace di abbattere perfino la violenza di una fucilata. Quell’amore al quale Lord Byron attribuiva il primato di poter volare, qualcosa che neppure l’amicizia-alla quale pure teneva moltissimo-possiede: perché “l’amicizia è come l’amore, ma non ha le sue ali”. Le ali che Byron il gabbiano potrà finalmente riavere, per riconquistare la sua libertà.


PONGO LO SBACIUCCHIATORE FOLLE SUPERSTAR!!!!!In attesa della prima pagina del Time come dog of the year, Pongo è sulla pagina animal house del Secolo XIX.
 
Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:
Pongo praticamente una rock and roll star!!!!!!!
Pongo il cane con il miglior carattere di tutto il canile municipale di San Venerio è stato finalmente adottato.Però prima di questa radiosa giornata si è fatto 7 anni di gabbia e questo perchè le persone continuano a scegliere i cani con stupidi ed antiquati canoni estetici e con preconcetti.A parte il fatto che per noi Pongo è sempre stato un gran figo, noi in canile avevamo un tesoro , ma nessuno di voi se ne è mai accorto.Cosa vi siete persi!!!!!Massimo, Alessandra e Giada hanno aperto le porte della loro vita ad una ventata di allegria, gioia, affetto e divertimento.Una famiglia stupenda che ha saputo vedere l'anima di Pongo, non si sono soffermati sul colore nero, sul musetto bianco e neanche sull'età ma sono riusciti a leggere i suoi occhi, gli occhi di un cane fantastico da troppo tempo chiuso in un box.Sappiate che portandovi a casa Pongo non avete soltanto adottato un cane meraviglioso , il

PONGO LO SBACIUCCHIATORE FOLLE SUPERSTAR!!!!!

In attesa della prima pagina del Time come dog of the year, Pongo è sulla pagina animal house del Secolo XIX.

 

Qui sotto lo scritto del post da cui è stato preso spunto:



Pongo praticamente una rock and roll star!!!!!!!

Pongo il cane con il miglior carattere di tutto il canile municipale di San Venerio è stato finalmente adottato.
Però prima di questa radiosa giornata si è fatto 7 anni di gabbia e questo perchè le persone continuano a scegliere i cani con stupidi ed antiquati canoni estetici e con preconcetti.
A parte il fatto che per noi Pongo è sempre stato un gran figo, noi in canile avevamo un tesoro , ma nessuno di voi se ne è mai accorto.
Cosa vi siete persi!!!!!
Massimo, Alessandra e Giada hanno aperto le porte della loro vita ad una ventata di allegria, gioia, affetto e divertimento.
Una famiglia stupenda che ha saputo vedere l'anima di Pongo, non si sono soffermati sul colore nero, sul musetto bianco e neanche sull'età ma sono riusciti a leggere i suoi occhi, gli occhi di un cane fantastico da troppo tempo chiuso in un box.
Sappiate che portandovi a casa Pongo non avete soltanto adottato un cane meraviglioso , il "cane perfetto", ma anche un pezzo del nostro cuore e della nostra anima.
Buona vita Pongo e speriamo dimenticherai presto i lunghi anni passati dentro una gabbia.


La diaspora dei cani del comune di Sarzana in questo articolo, uscito su Il Secolo XIX, e che dovrebbe far pensare bene gli amministratori prima di fare convenzioni con canili così lontani dal proprio comune.
 
Per agevolarne la lettura riportiamo integralmente il testo dell’articolo :
Erano partiti da qui, destinazione Emilia, nel 2013: e c’erano state tante polemiche, da parte dei volontari, che ritenevano quel viaggio senza ritorno, di quei 40 cani, “una sorta di deportazione”.Quattro anni dopo, ufficialmente, tutti quei cani senza padrone, risultano adottati.Il Comune di Sarzana, che aveva fatto un regolare bando al ribasso, ha raggiunto il risultato economico: ha tagliato una bella voce di spesa, che prima era a suo carico.Solo che non tutti quei 40 cani hanno davvero trovato una famiglia. Ce ne sono ancora, in canile. E l’unica differenza rispetto al 2013, è chi paga il conto: che adesso è a carico di un gruppo di volontari emiliani. Un atto di generosità. Quando il canile in cui erano stati portati Maiorca, Roma e Solingo, a San Prospero di Modena, ha chiuso, non se la sono sentita, di lasciarli caricare di nuovo su un furgone, perché fossero inviati altrove. Li hanno tenuti, appoggiandoli in un canile vicino, per evitare loro un ennesimo stress. Per rispetto di Maiorca, un’anziana cagnolina nera, molto paurosa. Nata nel 2001, nonostante l’età, ed una vita trascorsa in gabbia, è viva. Di più, è aggrappata alla vita.Per rispetto di Solingo: un tipo solitario, fin dal nome, con un problema di dermatite, che lo rende fragile.Per rispetto di Roma: classificata come “ cane morsicatore”, all’epoca, oggi considerata adottabile, sia pure con le comprensibili precauzioni.La comunità di Sarzana, attraverso l’appalto, aveva inviato 40 cani in due strutture in Emilia.Costavano meno.Una delle due, ha chiuso: sulla pagina social dell’associazione di volontariato che si occupava dei cani, c’è scritto che era in affitto, e il rapporto di collaborazione fra volontari e privati s’è interrotto.Per certo, tre cani che il Comune di Sarzana si è tolto dalle spese, sono mantenuti in un altro canile, oggi, da questi volontari emiliani: per puro scrupolo di coscienza. Avevano già patito troppi stress, per affrontare nuovi viaggi. Niente, hanno chiesto: come niente hanno chiesto i volontari sarzanesi che all’atto del trasferimento hanno “adottato” i cani più fragili, quelli che avrebbero sofferto di più, per quel viaggio, per evitare loro lo scombussolamento di non vedere più i volti che quotidianamente li salutavano, in canile.Sono gli effetti del meccanismo dei trasferimenti dei cani, spostati dai sindaci- con regolari appalti- da una parte all’altra d’Italia: un meccanismo che non consente- nemmeno ai volontari- una tracciabilità.

La diaspora dei cani del comune di Sarzana in questo articolo, uscito su Il Secolo XIX, e che dovrebbe far pensare bene gli amministratori prima di fare convenzioni con canili così lontani dal proprio comune.

 

Per agevolarne la lettura riportiamo integralmente il testo dell’articolo :



Erano partiti da qui, destinazione Emilia, nel 2013: e c’erano state tante polemiche, da parte dei volontari, che ritenevano quel viaggio senza ritorno, di quei 40 cani, “una sorta di deportazione”.
Quattro anni dopo, ufficialmente, tutti quei cani senza padrone, risultano adottati.
Il Comune di Sarzana, che aveva fatto un regolare bando al ribasso, ha raggiunto il risultato economico: ha tagliato una bella voce di spesa, che prima era a suo carico.
Solo che non tutti quei 40 cani hanno davvero trovato una famiglia. Ce ne sono ancora, in canile. E l’unica differenza rispetto al 2013, è chi paga il conto: che adesso è a carico di un gruppo di volontari emiliani. Un atto di generosità. Quando il canile in cui erano stati portati Maiorca, Roma e Solingo, a San Prospero di Modena, ha chiuso, non se la sono sentita, di lasciarli caricare di nuovo su un furgone, perché fossero inviati altrove. Li hanno tenuti, appoggiandoli in un canile vicino, per evitare loro un ennesimo stress. Per rispetto di Maiorca, un’anziana cagnolina nera, molto paurosa. Nata nel 2001, nonostante l’età, ed una vita trascorsa in gabbia, è viva. Di più, è aggrappata alla vita.
Per rispetto di Solingo: un tipo solitario, fin dal nome, con un problema di dermatite, che lo rende fragile.
Per rispetto di Roma: classificata come “ cane morsicatore”, all’epoca, oggi considerata adottabile, sia pure con le comprensibili precauzioni.
La comunità di Sarzana, attraverso l’appalto, aveva inviato 40 cani in due strutture in Emilia.
Costavano meno.
Una delle due, ha chiuso: sulla pagina social dell’associazione di volontariato che si occupava dei cani, c’è scritto che era in affitto, e il rapporto di collaborazione fra volontari e privati s’è interrotto.
Per certo, tre cani che il Comune di Sarzana si è tolto dalle spese, sono mantenuti in un altro canile, oggi, da questi volontari emiliani: per puro scrupolo di coscienza. Avevano già patito troppi stress, per affrontare nuovi viaggi. Niente, hanno chiesto: come niente hanno chiesto i volontari sarzanesi che all’atto del trasferimento hanno “adottato” i cani più fragili, quelli che avrebbero sofferto di più, per quel viaggio, per evitare loro lo scombussolamento di non vedere più i volti che quotidianamente li salutavano, in canile.
Sono gli effetti del meccanismo dei trasferimenti dei cani, spostati dai sindaci- con regolari appalti- da una parte all’altra d’Italia: un meccanismo che non consente- nemmeno ai volontari- una tracciabilità.


Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:
 
Era un sospetto. Adesso è una certezza. Nei canili spezzini sono presenti cani nati in Sicilia, ancora iscritti all’anagrafe dell’isola, o trasferiti a quella lombarda, ma non a quella ligure: cani entrati senza alcuna comunicazione alla sanità veterinaria. Cani “fantasma” il cui arrivo non è stato inserito all’anagrafe canina spezzina.Cani sui quali adesso la Procura indaga.In una struttura pubblica, come il canile spezzino, un cane può entrare solo per effetto di una rinuncia, o perché abbandonato, vagante sul territorio. Nel primo caso, il cane entra con la documentazione consegnata dal proprietario, che lo “passa” in carico al Comune. Nel secondo caso, il cane entra attraverso il servizio di recupero su strada, a cura della Maris. Non esistono altre vie.Cani come Freccia, Rotella, Amanda, Stella e Zagor, trasferiti a marzo dal canile della Spezia a quello di Castelnuovo, come “proprietà del Comune di Sarzana”, non solo non sono risultati Sarzanesi, ma nemmeno sono stati inseriti nel database della sanità veterinaria spezzina.Un altro cane, Willy, è risultato addirittura intestato ad un privato cittadino, residente in Sicilia. E altri, già andati in adozione, non sarebbero mai stati iscritti all’anagrafe ligure. L’inchiesta dell’autorità giudiziaria verte sui presunti reati di maltrattamento e di truffa.Il fascicolo è- al momento- a carico di ignoti. Il sospetto è che la città sia finita sulla rotta delle movimentazioni che dal Sud stanno spostando al Nord un elevato numero di cucciolate: un fenomeno sul quale il parlamentare Paolo Bernini ha appena depositato una interrogazione, in cui chiede l’intervento del ministro. Bernini parla di controlli “inefficaci”, e sottolinea che questi trasferimenti avvengono a “titolo oneroso”. I sindaci del Sud pagano, per farli portare via. Dopo di che, se ne perdono le tracce.Inspiegabilmente, sono apparsi alla Spezia cani che non dovrebbero trovarsi qui. La stessa Regione Liguria ha acquisito tutti i fascicoli relativi agli ingressi e alle uscite dai canili spezzini. Una iniziativa dell’assessore alla sanità Sonia Viale, su interrogazione della consigliera regionale Stefania Pucciarelli. Il risultato della verifica collima con quanto accertato dalla Procura: cani con la valigia, di origine al momento ignota.Ci sarebbero alcuni esemplari, riconducibili ad un “pacchetto” di numerosi esemplari, inviati al Nord dal Comune di Modica. Se un cane transita da un canile, ma non viene “caricato” sulla banca dati dell’anagrafe canina, non esiste. E di questo suo passaggio, non resta traccia.Non solo.Dopo anni di tranquillità, nei canili spezzini sono entrati negli ultimi tempi numerosi cani con parvovirosi. Non c’è stato contagio, con gli altri: ma sono morti. La stessa sanità animale- conferma la Regione- non esclude che all’origine della ricomparsa della parvovirosi ci sia l’entrata in canile di cani provenienti da altre regioni, trasferiti senza le garanzie sanitarie che derivano dall’osservanza delle linee guida nazionali. Il virus ha interessato nel 2015 solo il canile comunale spezzino: 15 casi. Quest’ anno, ne risultano già 5 a Castelnuovo.

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Era un sospetto. Adesso è una certezza. Nei canili spezzini sono presenti cani nati in Sicilia, ancora iscritti all’anagrafe dell’isola, o trasferiti a quella lombarda, ma non a quella ligure: cani entrati senza alcuna comunicazione alla sanità veterinaria. Cani “fantasma” il cui arrivo non è stato inserito all’anagrafe canina spezzina.
Cani sui quali adesso la Procura indaga.
In una struttura pubblica, come il canile spezzino, un cane può entrare solo per effetto di una rinuncia, o perché abbandonato, vagante sul territorio. Nel primo caso, il cane entra con la documentazione consegnata dal proprietario, che lo “passa” in carico al Comune. Nel secondo caso, il cane entra attraverso il servizio di recupero su strada, a cura della Maris. Non esistono altre vie.
Cani come Freccia, Rotella, Amanda, Stella e Zagor, trasferiti a marzo dal canile della Spezia a quello di Castelnuovo, come “proprietà del Comune di Sarzana”, non solo non sono risultati Sarzanesi, ma nemmeno sono stati inseriti nel database della sanità veterinaria spezzina.
Un altro cane, Willy, è risultato addirittura intestato ad un privato cittadino, residente in Sicilia. E altri, già andati in adozione, non sarebbero mai stati iscritti all’anagrafe ligure. L’inchiesta dell’autorità giudiziaria verte sui presunti reati di maltrattamento e di truffa.
Il fascicolo è- al momento- a carico di ignoti. Il sospetto è che la città sia finita sulla rotta delle movimentazioni che dal Sud stanno spostando al Nord un elevato numero di cucciolate: un fenomeno sul quale il parlamentare Paolo Bernini ha appena depositato una interrogazione, in cui chiede l’intervento del ministro. Bernini parla di controlli “inefficaci”, e sottolinea che questi trasferimenti avvengono a “titolo oneroso”. I sindaci del Sud pagano, per farli portare via. Dopo di che, se ne perdono le tracce.
Inspiegabilmente, sono apparsi alla Spezia cani che non dovrebbero trovarsi qui. La stessa Regione Liguria ha acquisito tutti i fascicoli relativi agli ingressi e alle uscite dai canili spezzini. Una iniziativa dell’assessore alla sanità Sonia Viale, su interrogazione della consigliera regionale Stefania Pucciarelli. Il risultato della verifica collima con quanto accertato dalla Procura: cani con la valigia, di origine al momento ignota.
Ci sarebbero alcuni esemplari, riconducibili ad un “pacchetto” di numerosi esemplari, inviati al Nord dal Comune di Modica. Se un cane transita da un canile, ma non viene “caricato” sulla banca dati dell’anagrafe canina, non esiste. E di questo suo passaggio, non resta traccia.
Non solo.
Dopo anni di tranquillità, nei canili spezzini sono entrati negli ultimi tempi numerosi cani con parvovirosi. Non c’è stato contagio, con gli altri: ma sono morti. La stessa sanità animale- conferma la Regione- non esclude che all’origine della ricomparsa della parvovirosi ci sia l’entrata in canile di cani provenienti da altre regioni, trasferiti senza le garanzie sanitarie che derivano dall’osservanza delle linee guida nazionali. Il virus ha interessato nel 2015 solo il canile comunale spezzino: 15 casi. Quest’ anno, ne risultano già 5 a Castelnuovo.


La storia del salvataggio della gattina Kelly intrappolata in un meandro di tubi fognari a Rocchetta Vara in questo articolo.
 
E qui sotto il nostro resoconto di quei giorni drammatici ma con un bel lieto fine:
 
THE DAY AFTER!!Adesso che la stanchezza è passata e che l'adrenalina è scesa vorremo raccontare come è andata realmente la storia della gattina rimasta intrappolata per sette giorni nelle tubature di una struttura privata a Rocchetta Vara.Per chi non avesse seguito la vicenda, per chi è curioso, per chi ha interesse nelle sorti altrui,vi raccontiamo la storia...Partiamo da quando la nostra associazione è venuta a conoscenza di un gattino di circa 2 mesi intrappolato nelle tubature di scarico e quindi da quando possiamo essere testimoni (reali e fisici) della vicenda, sorvolando sul colpevole ritardo con cui è stata fatta muovere la macchina dei soccorsi. Specifichiamo fin da subito che con

La storia del salvataggio della gattina Kelly intrappolata in un meandro di tubi fognari a Rocchetta Vara in questo articolo.

 

E qui sotto il nostro resoconto di quei giorni drammatici ma con un bel lieto fine:

 

THE DAY AFTER!!
Adesso che la stanchezza è passata e che l'adrenalina è scesa vorremo raccontare come è andata realmente la storia della gattina rimasta intrappolata per sette giorni nelle tubature di una struttura privata a Rocchetta Vara.
Per chi non avesse seguito la vicenda, per chi è curioso, per chi ha interesse nelle sorti altrui,vi raccontiamo la storia...
Partiamo da quando la nostra associazione è venuta a conoscenza di un gattino di circa 2 mesi intrappolato nelle tubature di scarico e quindi da quando possiamo essere testimoni (reali e fisici) della vicenda, sorvolando sul colpevole ritardo con cui è stata fatta muovere la macchina dei soccorsi. Specifichiamo fin da subito che con "veniamo a conoscenza" intendiamo la presa visione dello straziante video girato tra volontari dell'innesto di un tubo da cui provenivano gli strazianti lamenti di un gattino, lamenti che i presenti hanno ben impressi e mai dimenticheranno per tutta la vita.
Sabato mattina si recano alla struttura privata di Rocchetta Vara i nostri volontari Elisabetta, Paola, Kevin ed Eleonora per raggiungere la volontaria LIPU, Luna Bibicu. Nell'attesa dei Vigili del Fuoco, si prova ad intercettare il gattino. Sono già presenti ed operativi i due manutentori della struttura, tra cui Samir, che sarà uno dei principali attori di questa due giorni. Sul luogo intervengono anche i volontari Loredana Parodi e Matteo Basso ed è naturalmente presente il direttore della struttura privata. Per questioni pratiche e fisiche, mentre quasi tutti i volontari possono solo assistere al lavoro dei vigili del fuoco magari anche rompendo un po' per ognuno dire la sua, Kevin e Samir continuano la collaborazione alle opere di scavo e Paola si infila nel tombino alla ricerca del gattino. Una prima squadra dotata di escavatore, continua lo scavo già iniziato con piccone e pala da Kevin e Samir, ogni tanto gli scavi vengono interrotti per ascoltare il richiamo del gattino (richiamo che viene stimolato dall'audio del gattino stesso registrato) per poi riprendere una volta appurata la lontananza del gatto.Va precisato che il richiamo dentro un tubo non è facilmente ubicabile poiché l'eco è veramente fuorviante. Si continua a scavare fino al confine del muro che ha un'altezza di 6 metri, la conduttura viene rotta in più punti ma niente...
Agli astanti si aggiungono i nostri volontari Losa, Pierandrea e Valentina.
Verso le 21,00 subentra una seconda squadra di pompieri a dare il cambio, questa seconda squadra senza escavatore ma armata di piccone, pala ed il martello pneumatico, usato già durante tutto il giorno, di Samir. Si continua a scavare, viene intercettata la tubazione dentro il bosco, Kevin continua ad alternarsi con i vigli del fuoco con piccone, pala e mani. Intorno alle 22 rimangono solo i volontari della nostra associazione, i vigili del fuoco del Turno B, il direttore e Samir che intorno a mezzanotte deve necessariamente andare ma lascia a disposizione tutti i suoi attrezzi e le luci (purtroppo quelle dei vvff sono molto rumorose e vista la delicatezza della struttura in cui siamo, a nessuno sembra il caso di usarle). Intorno alle 1,30, creato un ultimo varco nella tubazione profonda sotto terra, si decide di abbandonare il luogo poiché la stessa pare ormai prevalentemente orizzontale ed il gattino, magari aiutato dalla mamma, in grado di uscire da solo, una volta calati il silenzio e la tranquillità. Vengono lasciati adiacenti l'apertura del tubo cibo e acqua fresca. Purtroppo al mattino veniamo subito avvisati da Lunita che il gattino non è ancora uscito e si continuano a sentire i miagolii in lontananza. Ritornano sul luogo di nuovo i nostri volontari Losa, Pierandrea, Kevin, Eleonora e dopo la nostra richiesta di aiuto si aggiunge anche Fabio (unico tra i volontari, fisicamente in grado di alternarsi nel lavoro con Kevin) con l'aggiunta del preziosissimo aiuto di Luciano Pieri, amico di Lunita, che è venuto ad aiutare con la sua telecamera-sonda. La sonda indica finalmente dove NON è il gatto e allora si continua a scavare per intercettare la tubatura ancora più avanti. Ma a scavare è solo Kevin coadiuvato da Losa, ci rendiamo conto che da soli non ce la possono fare, decidiamo di chiedere aiuto, mentre tante persone partono per venirci a dare una mano, in un momento di riposo e ristoro con anche un pò di fortuna(ci vuole anche quella)Losa e Kevin individuano abbastanza lontano dal punto in cui si stava scavando,un punto dell'asfalto in cui si avverte flebile il miagolio e si scopre un altro tombino mimetizzato perchè ricoperto dall'asfalto ... Kevin non perde tempo e picconando sull'anonimo asfalto troviamo un tombino coperto. Si riesce finalmente a liberare il coperchio a suon di picconate e una volta aperto, il gattino, grazie al cielo è li! In un tombino molto stretto e profondo almeno 3 metri! La paura a quel punto era che il gattino potesse infilarsi in altre tubature collegate al tombino e fare ulteriore strada. Vengono tappati subito gli altri tubi e dopo mezz'ora di appostamento( mentre il micino faceva capolino dalla tubazione in cui si era rifugiato) di Kevin(a testa in giù) con Fabio che lo teneva per i piedi il micio, attirato dal cibo, si fa prendere da Kevin e così è salvo!!!
Naturalmente il gatto è ora al sicuro presso una nostra volontaria che lo adotterà ed è stato visitato dal Dott.Carlo Andreoni che era già pronto a visitarlo fin dal giorno prima.
Per cui GRAZIE ai Vigili del Fuoco, GRAZIE a Samir,GRAZIE al direttore della struttura ed a tutti gli infermieri, GRAZIE a Losa ed alla sua determinazione, GRAZIE a Luna Bibicu e a tutti i volontari di qualsiasi appartenenza che hanno assistito pregando o anche solo tenendo una torcia in mano, GRAZIE al Dott.Andreoni che come sempre si è reso disponibile a prestare le cure ad un animale di "nessuno" e sopratutto GRAZIE a Kevin che è rimasto operativo per due giorni senza sostituzioni e senza mai sosta. I risultati così si ottengono quando ci sono persone veramente in gamba e quando si lavora tutti all'unisono perseguendo l'obiettivo.
Avremmo potuto provare anche a descrivervi le emozioni contrastanti di ansia, paura, gioia, stanchezza, frustrazione e felicità ma per quello non sarebbe bastato un libro.
Qui di seguito alcune foto che mostrano in parte la vastità dello scavo e l'ampiezza del luogo (lo scavo prosegue ad intervalli per una cinquantina di metri) e la signorina che ha tenuto tutti con il fiato sospeso...ah già... non ve lo abbiamo detto... è una femmina!
Non poteva essere altrimenti una che ha tenuto in scacco due squadre di vigili del fuoco, una squadra di infermiere, un'intera struttura piena di pazienti e una dozzina di questi megalomani, egoisti, presenzialisti e maniaci di protagonismo di volontari!
La gattina l'abbiamo chiamata Kelly in onore di Kevin e della sua ragazza Eleonora.
Un ultimo ringraziamento va ai tanti altri nostri volontari, che nelle giornate di Sabato e Domenica, si sono come SEMPRE presi cura dei cani del canile, facendo in modo che noi potessimo concentrarci esclusivamente nella ricerca della gattina.


L'edizione de 

L'edizione de "IL CANILE VA IN CITTA' " 2017 sulle pagine de Il Secolo XIX.

 

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Una giornata in città. Una passeggiata in centro, e tante manifestazioni di affetto. I cani del canile comunale spezzino sono scesi nel centro storico, grazie all’associazione L’Impronta. “C’è chi confida di non sapere nemmeno se alla Spezia ci sia un canile…”, spiega Pierandrea Fosella, fra i fondatori.
Ci sono anche dei cuccioli, come i cinque esemplari di due mesi e mezzo, una futura taglia grande. E poi ci sono i cani adulti, di età diverse: ancora giovani, o più maturi, avanti con l’età.
Tutti simpatici, come quelli che hanno sfilato con il cartello “cerco casa”.
“Alcuni non avevano mai visto il mare, sono rimasti estasiati – confida Fosella – si sono divertiti molto, e hanno ringraziato a modo loro, con un sacco di baci. Abbiamo distribuito informazioni e numeri di telefono. La speranza è che qualcuno venga poi a visitare il canile, e decida di prendere uno di questi cani”.
C’è chi crede, chissà su quali basi, che i cani del canile siano problematici, e difficili da inserire in famiglia:”Non è così – esclude Fosella – nel mucchio ci sono storie diverse, si deve valutare bene l’inserimento giusto: ma i più sono pronti, per entrare in una casa”.
Il canile è sempre aperto, dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, ma è bene telefonare, per informarsi sull’orario migliore per le visite.
Responsabili per le adozioni sono Elisabetta 3382635117 e Losa 3201458159.

La presentazione dell'evento

La presentazione dell'evento "IL CANILE VA IN CITTA'" organizzato con l'associazione BETA il Maggio del 2017.

 

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I volontari delle Associazioni L’Impronta e Beta, portano oggi in città alcuni dei cani del canile comunale della Spezia che cercano una adozione.

Incontrare i volontari è facile, faranno sosta in Piazza Beverini dalle 11.30 alle 11.50, poi in Piazza del Bastione dalle 12.30 alle 13 e nel pomeriggio in Piazza Mentana dalle 15 alle 15.20. C’è chi pensa -dice Pierandrea Fosella dell’Impronta-che in canile ci siano solo cani problematici. Non è affatto così. I cani del canile, al contrario, hanno ancora più affetto da dare.


E' la volta di Apollo, che finisce anche sul giornale pur di trovare una casa.Lui è un cane speciale, basta conoscerlo per capire quanto il suo animo sia nobile.Vi aspetta, la speranza non l'ha ancora persa.......
Apollo è un bellissimo cagnolone adulto di taglia grande. Le orecchie gli donano uno stile pipistrellesco, ha degli occhi ambrati e un manto scuro. Il suo aspetto può incutere timore a prima vista ma se lo si guarda bene si nota subito che è un giuggerellone, un cane bravo con le persone e che ricerca molto il contatto. Il suo unico difetto è che non gli piacciono i bambini. E' da tanto che Apollo si trova in canile, sarebbe bello potesse finalmente trovare qualcuno che lo ami.
 
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È il cane con gli occhi d’ambra. Così lo chiamano al canile comunale della Spezia, dove gli hanno dato un nome consono alla sua bellezza: Apollo. Adulto, taglia grande, pelo lungo e nero. Cerca adozione.
Una vita solitaria, la sua. Ritrovato sul territorio spezzino, pare vivesse a catena. Solo. E che qualcuno, ogni giorno, passasse a dargli qualcosa da mangiare. Pelle e ossa. I volontari raccontano che

E' la volta di Apollo, che finisce anche sul giornale pur di trovare una casa.
Lui è un cane speciale, basta conoscerlo per capire quanto il suo animo sia nobile.
Vi aspetta, la speranza non l'ha ancora persa.......

Apollo è un bellissimo cagnolone adulto di taglia grande. Le orecchie gli donano uno stile pipistrellesco, ha degli occhi ambrati e un manto scuro. Il suo aspetto può incutere timore a prima vista ma se lo si guarda bene si nota subito che è un giuggerellone, un cane bravo con le persone e che ricerca molto il contatto. Il suo unico difetto è che non gli piacciono i bambini. E' da tanto che Apollo si trova in canile, sarebbe bello potesse finalmente trovare qualcuno che lo ami.

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

È il cane con gli occhi d’ambra. Così lo chiamano al canile comunale della Spezia, dove gli hanno dato un nome consono alla sua bellezza: Apollo. Adulto, taglia grande, pelo lungo e nero. Cerca adozione.
Una vita solitaria, la sua. Ritrovato sul territorio spezzino, pare vivesse a catena. Solo. E che qualcuno, ogni giorno, passasse a dargli qualcosa da mangiare. Pelle e ossa. I volontari raccontano che "gli si potevano contare le costole". Magro è rimasto, ma non c’è paragone, rispetto all’ombra entrata in canile. Ed è cambiato, soprattutto, il suo carattere.
«Era diffidente - testimoniano i volontari dell’associazione L’Impronta - mentre oggi va in passeggiata con tutti, è tranquillo al guinzaglio, non tira, non ha particolari avversioni nei confronti degli altri cani: anche se con i maschi tira fuori la grinta, mentre con le femmine è decisamente più docile». Pierandrea Fosella, fra i fondatori dell’Impronta, non ha dubbi: «Apollo - dice - è un cane fantastico, e nonostante la mole è infinitamente dolce, goloso come pochi e molto affettuoso». Apollo, nell’immagine con la volontaria Alessandra Sangriso, è uno dei cani che cercano casa. Si trova al canile del Comune, la struttura attrezzata, a San Venerio, in via del Monte. Ci sono tanti altri cani, che sperano in una adozione.
Grazie alla trasparenza del Comune della Spezia, e al lavoro dei volontari, lo scorso anno sono state effettuate ben 80 adozioni. Si tratta di un numero molto elevato, per un canile che attualmente viaggia poco sopra i cento cani.
Per informazioni sulle adozioni, attraverso il nuovo regolamento comunale, sono state incaricate due giovani volontarie dell’associazione L’Impronta: si tratta di Elisabetta 338-2635117 e di Losa 320-1458159.

Miguel  e la volontaria Erika sul Secolo XIX.Non sono bellissimi?
 
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UN OCCHIO azzurro ghiaccio.
L'altro, di colore nocciola. Una taglia media, sui 15 chili. Il pelo né corto né lungo. Così si presenta Miguel, uno dei cani che cercano adozione, e sono ospiti del canile comunale di San Venerio. E Losa Porcu, vicepresidente dell'associazione L'Impronta, sottolinea che si tratta di un cane

Miguel  e la volontaria Erika sul Secolo XIX.
Non sono bellissimi?

 

Per agevolarne la lettura  riportiamo qui sotto il contenuto dell’articolo in maniera integrale:

 

UN OCCHIO azzurro ghiaccio.
L'altro, di colore nocciola. Una taglia media, sui 15 chili. Il pelo né corto né lungo. Così si presenta Miguel, uno dei cani che cercano adozione, e sono ospiti del canile comunale di San Venerio. E Losa Porcu, vicepresidente dell'associazione L'Impronta, sottolinea che si tratta di un cane "di una bellezza stratosferica".
E' un lupetto, spiega, probabilmente incrociato con un husky: «E' un cane adulto ma ancora giovane, attivo e giocherellone - racconta - e ama la vita, nonostante la reclusione. Si tratta di un cane sempre felice, che ha un ottimismo contagioso. Sono quei cani di canile, e ce ne sono tanti, che hanno una grande forza di volontà.
Miguel ama le passeggiate, ama farsi spazzolare, ama correre e giocare, ama le coccole, la compagnia degli umani e quella dei suoi simili, se femmine o maschi non dominanti».
Dettaglio curioso, si tratta di "un vero lupetto in miniatura, che a volte comincia ad ululare, come se fosse uno dei protagonisti del "Richiamo della foresta".